Luciano Spalletti si confessa dopo l’esonero da ct dell’Italia: dichiarazioni forti a “Repubblica”. I dettagli del caso.
Dopo mesi di silenzio, Luciano Spalletti rompe il muro del riserbo e racconta il dolore per l’esonero dalla Nazionale italiana. Le sue parole, pronunciate in un’intervista esclusiva a La Repubblica, dipingono il ritratto di un uomo segnato da una delusione profonda, tanto da riconsiderare il proprio legame con il calcio.

L’impatto emotivo dell’esonero e il sacrificio personale
“Non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto, perché il pensiero torna sempre lì. Certe volte mi sembra di essere felice, poi però dopo un attimo mi torna in testa quella cosa lì”. Con queste parole, Spalletti confessa il tormento che lo accompagna da settimane, svelando quanto l’esperienza da ct lo abbia coinvolto sul piano emotivo.
“Non sono riuscito a far capire ai ragazzi che gli volevo bene. Quando mi hanno proposto di guidare la Nazionale non ci ho dormito due giorni: la cicatrice sarà dolorosa anche quando avrà fatto il suo percorso di guarigione”. Il legame con il gruppo è stato intenso, ma forse anche troppo idealizzato, come lui stesso ammette.
“Il calcio mi ha rovinato la vita. Ho voluto più bene al calcio che a me stesso, gli ho sacrificato le persone a me più care”. In questa confessione si legge tutta l’amarezza di un uomo che ha dato tutto per lo sport, pagando un prezzo personale elevato.
L’amore per la Nazionale e gli errori di impostazione
Spalletti non si nasconde e riconosce i propri sbagli: “Il mio errore è stato, all’inizio, pigiare troppo su questo senso di appartenenza, di identità. Chiedere di cantare l’inno. Di fare un grido di battaglia prima di ogni allenamento. Volevo stimolare quell’orgoglio che provavo io, ma è stato troppo”.
Nonostante l’amarezza, difende i suoi giocatori: “L’ho detto anche a loro: non vi fate fregare da chi dice che siete scarsi, siete di alto livello. Anche se è finita così e la responsabilità è solo mia, non mi priverei mai di Bastoni, Barella, Dimarco, del mio gruppo storico, insomma”. E su una lacuna tattica aggiunge: “Ci è mancato un giocatore tra le linee, uno capace di portarti sull’ottovolante. Fosse stato possibile avrei portato Chiesa”.
Infine, un commento sull’addio a Napoli: “Con quel gesto ho contribuito a far riconoscere situazioni che poi sono state chiare un anno dopo, quando De Laurentiis ha capito che per vincere ancora avrebbe avuto bisogno di prendere un grande allenatore, che non dipendeva tutto solo da lui”. E il rammarico più grande: “Il più grande dispetto che ho ricevuto è non averci fatto sfilare per la città sul pullman dopo lo Scudetto. Mi mancherà per sempre, ancora di più mi è mancato dopo averli visti sfilare quest’anno. Ho chiesto a dei calciatori di mandarmi il video, per capire almeno che effetto facesse quella folla da lì sopra”.